Eucharist Miracle Eucharist Miracles

Aspettando il Dio Bimbo

Novena del Santo Natale 1998: a cura di S.E. Mons. Claudio Gatti

INTRODUZIONE

"...Sono venuta per la chiusura della novena e ho ascoltato tutte le parole che ha detto il sacerdote. Egli vi ha fatto conoscere ed amare di più Maria, Giuseppe e il piccolo Gesù, e ha fatto emergere Elisabetta e Zaccaria, i personaggi che in questi giorni appaiono di più nel racconto evangelico. La Mamma vi ringrazia per ciò che avete fatto durante questa santa novena: preghiere, sacrifici, fioretti e digiuni..." (Lettera di Dio, 23 dicembre 1998).

La novena del santo Natale, in preparazione alla nascita di Gesù, si sofferma sui protagonisti del racconto evangelico in modo chiaro, preciso e dettagliato. Dobbiamo vivere questo momento di grazia non come semplici spettatori di fronte ad una sequenza cinematografica, ma come persone che vivono gli avvenimenti che vengono descritti.

Attraverso la conoscenza del racconto evangelico possiamo crescere nell'amore a Gesù Eucaristia e a Maria, Madre dell'Eucaristia.

Questa novena è stata predicata da Don Claudio Gatti in preparazione del Natale del 1998. I giovani della comunità l'hanno registrata, trascritta, riveduta e adattata alla versione scritta. Questo notevole impegno è stato sostenuto dai nostri giovani con amore, sacrificio ed entusiasmo, perché sono consapevoli che la novena può fare un gran bene spirituale ed avvicinare a Dio-Bimbo molti fratelli e sorelle. (n.d.r.)

PRIMO GIORNO

"Io sono colui che sono". Questa è la definizione che Dio ha dato di Se Stesso.

Dall'eternità Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, Dio Uno e Trino è stato solo. Questa affermazione fa vacillare la ragione umana, perché per lei è incomprensibile che un essere non abbia avuto un inizio. Tutti gli esseri hanno un inizio, Dio no. Dall'eternità Dio esiste e si è dato gloria. Dio non ha bisogno delle creature, la sua felicità prescinde da loro, eppure, poiché è amore, ha voluto intervenire e creare prima gli angeli e poi l'universo e gli uomini. Costoro hanno peccato e Dio è intervenuto ancora per salvarli.

Nella mente di Dio, il piano di salvezza è sempre stato chiaro, nitido, perfetto, conosciuto nei dettagli fin dall'eternità.

Però quando questo piano è stato comunicato all'uomo non aveva contorni nitidi, ma si è chiarito nel tempo e man mano è diventato sempre più preciso e comprensibile.

Quale motivo ha spinto Dio alla creazione? L'amore. Ma l'uomo, creato da Dio e dotato dei doni naturali, preternaturali e soprannaturali si è rivoltato contro il suo creatore, ha peccato di orgoglio e si è allontanato da Lui.

Lo stesso amore che ha spinto Dio a creare, lo ha spinto nel momento stesso in cui l'uomo ha peccato ad annunziare il piano di salvezza. Dio, infatti, afferma nel libro della Genesi : "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno." (Gen. 3,15)

La prima Eva è stata sconfitta, ma la seconda ha riportato vittoria, e la lotta continuerà tra la discendenza del demonio e quella della donna. Dio dice che la discendenza della donna schiaccerà il capo del demonio; questo è il primo annuncio del piano di salvezza di Dio.

Abramo, 4.000 anni prima della nascita di Cristo, dalla terra dei Caldei, dalla città di Ur, è stato invitato da Dio a recarsi verso la terra che sarà la culla del popolo destinatario della promessa divina. Abramo, impossibilitato a generare, e sua moglie Sara, anziana e sterile, "avranno un figlio" (Gen 18,10) secondo la promessa divina.. Tutta la stirpe di Abramo, è diventata portatrice del piano di salvezza, perché questa promessa riguardava tutte le 12 tribù di Israele che hanno avuto origine dai 12 figli di Giacobbe. Il piano di salvezza si è delineato ulteriormente quando Dio ha annunciato che il Messia sarebbe nato da un discendente della tribù di Giuda. Dio ha rivolto il suo sguardo sul figlio più piccolo di Iesse: Davide. Cristo, sia sotto l'aspetto legale, perché secondo la legge suo padre è Giuseppe, sia sotto quello naturale, perché è nato da Maria, è di discendenza davidica, poiché Maria e Giuseppe sono entrambi discendenti del Santo Re. Dio si è servito dei profeti non solo per rivelarci da quale stirpe sarebbe disceso il Messia, ma anche per darci dei connotati precisi riguardo la figura del Cristo.

In Isaia il Messia viene presentato come il servo di Javhè, cioè colui a cui sta a cuore in modo particolare il culto, colui che prende su di sé i peccati e si espone alla sofferenza per sollevare il mondo dai peccati e sconfiggere il male. Il Messia avrà una sorte sventurata: verrà ucciso dal popolo di Israele, lo stesso popolo scelto da Dio e dal quale il Messia è stato generato. Isaia evidenzia inoltre la natura divina del Messia: non è un uomo come gli altri, ma è un uomo partecipe della natura divina ed Ezechiele aggiunge che manifesterà questa sua natura attraverso una potenza divina.

Leggendo la Bibbia ci accorgiamo che il piano di salvezza man mano che si avvicina il tempo della realizzazione, è descritto da Dio nei particolari. Il profeta Daniele, riguardo al regno messianico dice che sarà universale, supererà gli stretti confini del popolo ebraico, abbraccerà tutto il mondo e avrà una caratteristica prettamente spirituale.

Perché Dio ha mandato il Messia? Egli ha detto: "Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua e la sua discendenza". La prima Eva è portatrice del peccato, la seconda Eva, Maria, è portatrice della grazia, in quanto compito del Messia è la remissione dei peccati.

Noi da quale parte di questo piano vogliamo collocarci? Dalla parte di coloro che hanno ucciso il Messia? Cristo viene ancora ucciso ogni qualvolta l'uomo pecca e si scaglia contro di Lui. Oppure vogliamo essere nella situazione del buon ladrone che, cosciente dei suoi peccati, supplica il crocifisso: "Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno". (Lc 23,42)

Ma esiste una terza possibilità, quella di Giovanni, che fiduciosamente reclina il capo sul petto del Signore. Anche se siamo stati come Pietro che ha rinnegato Cristo, dobbiamo arrivare ad essere come Giovanni, colui che ha visto, creduto. (Gv 20,8) ed ha amato.

Insieme a Giovanni, poiché abbiamo visto e creduto nei miracoli eucaristici, dobbiamo imparare ad amare e a fare dell'amore il nostro stile, il traguardo e l'obiettivo di tutta la nostra vita.

SECONDO GIORNO

Nel cap. 16 di San Matteo Gesù chiede ai suoi apostoli: "Voi chi dite che Io sia?".

Pietro, illuminato da Dio, risponde, a nome di tutti: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Questo significa che la Seconda Persona della Santissima Trinità si è incarnata ed è vero Dio e vero uomo. Nel Vecchio Testamento si parla "di una vergine che diventerà madre dell'Emanuele che significa Dio con noi" (Is 7,14). Il Signore, per incarnarsi, ha scelto la via ordinaria: ha avuto i genitori, uno legale, Giuseppe, perché potesse vivere la situazione normale di ogni essere umano e l'altro naturale, Maria, "che l'ha concepito e dato alla luce" (Lc 1,16). I Vangeli non ci forniscono molte notizie né dell'uno, né dell'altro, ma la rivelazione privata ci racconta ciò che non è contenuto in quella pubblica, dandoci la possibilità di conoscere meglio questi due personaggi che nei piani di Dio occupano un posto rilevante.

La genealogia di cui si parla nel primo capitolo di San Matteo termina in questo modo: Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato il Cristo" (Mt 1,16).

Dalla rivelazione privata sappiamo che Giuseppe è stato preparato da Dio a diventare lo sposo di Maria, vivendo uno stile di vita in contrasto con la mentalità e la cultura del suo tempo. Infatti al tempo di Giuseppe non si comprendeva che un uomo sposato potesse essere casto. Dio, che nei suoi disegni prepara coloro che sceglie, ha formato Giuseppe a vivere in modo casto e a fare voto di castità. Il Signore si è manifestato a Giuseppe sia in modo ordinario, suggerendogli buoni propositi, buoni intendimenti, buoni pensieri, sia in modo straordinario, attraverso visioni e sogni.

Giuseppe, ha incontrato Maria quando era ancora giovane. Purtroppo la tradizione lo rappresenta sempre molto vecchio. Questo è avvenuto perché pittori e scultori sono stati influenzati dai vangeli apocrifi che raccontano fatti che riguardano il Signore, alcuni dei quali sono realmente avvenuti, altri no. Questi libri non sono ispirati da Dio e quindi non sono immuni da errore.

In uno di questi libri si racconta che, nel momento in cui la giovane Maria doveva prendere marito, il sacerdote Zaccaria ha indetto una riunione alla quale sono stati invitati a partecipare i discendenti maschi di stirpe davidica. Essendosi fatti avanti molti uomini, il sacerdote ha detto che colui al quale il Signore avrebbe fatto fiorire il bastone sarebbe diventato sposo di Maria. A Giuseppe, che secondo i libri apocrifi aveva 90 anni e un figlio di 40, è fiorito il bastone, così è diventato lo sposo di Maria. Questo ci raccontano i libri apocrifi, ma la verità è un'altra.

Giuseppe è un uomo di circa 30 anni, bello, giovane, robusto, attraente, verso il quale sono rivolti gli sguardi di molte fanciulle innamorate e allo stesso tempo è un uomo umile e semplice. Giuseppe ha vissuto la sua giovinezza intorno a Gerusalemme.

Tra le notizie riportate dai Vangeli apocrifi ci sono i nomi dei genitori anziani di Maria, Gioacchino e Anna, nomi che la Madonna ha confermato nella vita che Lei stessa ha dettato a Marisa. I genitori sono morti quando la figlia aveva quattro o cinque anni e Maria è stata affidata alla profetessa Anna, al sacerdote Zaccaria e al vecchio Simeone.

Maria ha trascorso gli anni della sua infanzia e adolescenza nel Tempio, imparando l'arte del ricamo. Cantava a Dio salmi ed inni; infatti aveva una voce meravigliosa, come testimonia Marisa che l'ha sentita cantare.

Anche Maria in quegli anni è stata preparata alla missione che Dio ha voluto affidarle in lunghi colloqui.

Maria e Giuseppe hanno fatto il voto di castità, ma Dio stesso ha messo nel cuore di questi giovani l'amore. I due si sono incontrati nel Tempio, si sono piaciuti, hanno sentito un'attrattiva reciproca, gli occhi dell'uno hanno fissato gli occhi dell'altra. Il cuore di Maria batteva velocemente nel vedere questo giovane puro e bello e sapeva che Dio voleva che diventasse suo sposo.

Maria e Giuseppe si sono sposati a Gerusalemme. Poi, poiché possedevano a Nazareth una casetta modesta, si sono recati in quel borgo di pastori e di contadini, chiuso e ovattato di silenzio perché le strade che mettevano in comunicazione Gerusalemme e le principali città della Giudea, della Galilea, della Samaria con l'Oriente erano abbastanza distanti e quindi le carovane che trasportavano le notizie evitavano il piccolo paese. Eppure in questo paesello è arrivata la notizia più importante della storia del mondo.

Maria e Giuseppe, dice l'evangelista Matteo, sono fidanzati. Il fidanzamento ebraico era diverso dal fidanzamento come lo intendiamo noi. I fidanzati erano considerati dalla legge già marito e moglie, tanto è vero che se la donna durante il fidanzamento avesse avuto una relazione con un altro uomo veniva considerata adultera e lapidata e se l'uomo fosse morto, per la legge del levirato il fratello avrebbe dovuto sposare questa giovane vedova e i figli nati dal matrimonio sarebbero stati considerati figli del defunto.

Quindi secondo la legge erano considerati marito e moglie, anche se nel primo anno di matrimonio i due fidanzati non vivevano insieme. Questo avveniva sia per un motivo economico che psicologico, perché in questo tempo veniva pagata la dote e le spose, che erano poco più che bambine, e perché potevano maturare e prepararsi al ruolo di spose ed eventualmente di madri.

Giuseppe ha conosciuto la purezza di Maria, le sue virtù, la sua intima unione con Dio; Maria ha apprezzato la profondità spirituale di Giuseppe, ognuno dei due si è reso conto della grandezza spirituale dell'altro.

Maria aveva 14-15 anni, Giuseppe poco più di 30 anni. Si amavano, dialogavano, pregavano insieme, cantavano insieme, lodavano Dio insieme.

Ogni volta che cantavano i Salmi o leggevano i brani dei profeti che parlano del Messia, Maria aveva un tuffo al cuore e Giuseppe provava un calore particolare anche se ancora non sapeva che colei che aveva sposato sarebbe stata la Madre di Dio.

Maria e Giuseppe si sono preparati a vivere nel nascondimento e nel silenzio totale l'avvenimento più importante di tutta la storia del mondo.

Certamente Dio quando vedeva queste due creature pregare e scambiarsi affettuosità, sorrideva e si compiaceva. Nel libro della Genesi è scritto che Dio quando creò il sole, la terra, il cielo, il mare, gli uccelli, le bestie vide che aveva fatto cosa buona; questa espressione esprime il gradimento di Dio. E se Dio ha gradito tutto questo, quanto più ha gradito questi due capolavori che erano sotto i suoi occhi. Dio Figlio guardava la Madre e il padre putativo e li amava immensamente.

TERZO GIORNO

Per comprendere meglio il brano dell'evangelista Luca che racconta dell'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria, occorre fare delle premesse. La prima riguarda l'indicazione del periodo in cui è avvenuta. Sicuramente è avvenuta nel periodo estivo, poiché Gesù è nato in Primavera . La seconda premessa consiste nel ricordare che se Dio indica il tempo nel quale realizza i suoi disegni, non sempre ne precisa il giorno e il mese.

Maria sapeva che doveva diventare la Madre di Dio e probabilmente conosceva anche l'anno in cui lo sarebbe diventata, ma sicuramente non conosceva né il giorno né il mese. Luca ci racconta che, al sesto mese della gravidanza di Elisabetta, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe" (Lc 1,26). L'angelo, che già altre volte si è manifestato a Maria, sapeva di trovarsi di fronte al capolavoro di Dio, a colei che "è la piena di grazia". L'Angelo ha proseguito "il Signore è con te", perché il Signore ha dato a Maria, oltre la pienezza di grazia, tutti i doni naturali, preternaturali e soprannaturali. "A queste parole ella rimase turbata" (Lc 1,29). Il turbamento può essere così spiegato: la Madonna è in orazione, consapevole di diventare la Madre di Dio, dell'uomo della sofferenza, di colui che sarebbe stato ucciso e che avrebbe con la sua morte redento gli uomini e cancellato il peccato, ma al saluto dell'angelo, Maria ha provato una profonda emozione. L'emozione di Maria è stata un'emozione di sofferenza. Maria è sconvolta perché alla gioia di diventare madre, si è unita la sofferenza di sapere che suo Figlio sarà calunniato, offeso, ucciso. Maria si è domandata se questo saluto veniva da Dio . In questo caso lei stava per diventare madre, ma la spada, come le sarà annunciato dal vecchio Simeone, le trafiggerà l'anima" (Lc 2,35). Per questo motivo l'angelo le ha detto "Non temere", che non ha lo stesso significato del "non temere" che l'angelo ha rivolto a Zaccaria (Lc 1,13). Questi ha avuto paura di essere di fronte ad un essere soprannaturale, la Madonna invece è una madre che ha cominciato a soffrire addirittura prima che nel suo grembo fosse presente il Figlio di Dio e ora è assalita dalla sofferenza in modo intenso e crudele. L'angelo ha consolato Maria come l'angelo nel Getsemani consolerà Gesù, perché si sentirà solo, schiacciato, abbandonato dal Padre. Maria, la corredentrice, non avendo potuto condividere questa notizia con alcuno, neanche con il suo amato sposo, si è abbandonata totalmente a Dio. Quando l'angelo ha detto a Maria "Concepirai un figlio" la Madonna ha domandato "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1,34), cioè "Dal momento che sono casta, vergine e voglio rimanere tale non intendendo avere rapporti umani". Questa domanda la Madonna l'ha fatta per noi, non per sé, come Marisa che sa molte cose del futuro della Chiesa e tante volte fa domande alla Madonna riguardo a questo futuro per noi, perché anche noi possiamo essere informati su quanto avverrà. Infatti, come avremmo potuto conoscere il mistero dell'Incarnazione che vede una vergine diventare madre, se questo evento non ci fosse stato spiegato da Dio stesso.

La natura ha le sue regole dettate da Dio. Dio è autore della natura, è creatore, e come ha stabilito le regole così può anche derogare da esse e abolirle. La Madonna sapeva già che sua cugina Elisabetta, colei che tutti chiamavano sterile, aspettava un figlio. Maria spesso è stata in estasi, in contemplazione e in colloquio intimo con Dio. Se Dio comunica con semplici persone, come Marisa, tanto più ha comunicato con Maria. Con le Tre Divine Persone Maria ha parlato del Figlio e del Battista, un bimbo che ha amato particolarmente, perché doveva essere il precursore del "suo Gesù". La grandezza, l'unicità e i doni meravigliosi di questa donna sono stati ignorati dal mondo che non ha conosciuto questo capolavoro di Dio che è vissuto nel nascondimento, nell'umiltà e nel silenzio e che solo ora comincia ad essere conosciuto. Di fronte a Maria dovremmo restare in contemplazione per vederne la ricchezza, la pienezza di grazia. L'angelo, in piedi, ha annunciato il messaggio di Dio e la Madonna in ginocchio ha ascoltato. Ma nel momento in cui ella dice: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38), il Verbo si è fatto carne e l'angelo si è messo in ginocchio perché era davanti a Dio. L'angelo è stato il primo essere, la prima creatura che ha adorato Dio nel grembo di Maria, primo tabernacolo eucaristico, e dopo aver adorato, "partì da lei" (Lc 1,38). L'angelo si allontana da Maria, ma noi ci avviciniamo e nel grembo di Maria adoriamo Gesù presente in corpo, sangue, anima e divinità.

QUARTO GIORNO

Giuseppe e Maria erano felici, sereni e gioiosi. Erano poveri e ricchi: poveri di beni materiali, ricchi di quelli spirituali. Vivono a Nazaret da poco tempo, quando, nel giorno dell'annunciazione, Maria ha avuto la conferma che Elisabetta, che tutti sapevano sterile, aveva concepito il figlio da sei mesi.

Ai due giovani così felici, così uniti, l'unica gioia che mancava era la figliolanza. La Madonna sapeva che, pur rimanendo vergine, sarebbe diventata madre, sapeva che avrebbe avuto la gioia della maternità. Il grande Giuseppe invece aveva offerto a Dio la sua castità ed era consapevole che non sarebbe mai diventato padre. Ecco perché, fra i due, in questo momento chi soffre di più è proprio Giuseppe che ha rinunciato volontariamente a ciò che nella mentalità ebraica è considerato un dono di Dio: la paternità. Infatti, per gli ebrei non avere figli era una vergogna, perché significava che non godevano della benedizione di Dio.

A Ain-Karim, vicino a Gerusalemme, a 150 Km da Nazaret, vivevano Elisabetta e Zaccaria, discendenti da Aronne, fratello di Mosè e primo sommo sacerdote. Non avevano prole.

Elisabetta era sterile ed ambedue erano avanzati in età (Lc 1,7). Per tutta la loro vita avevano continuamente e incessantemente pregato per avere un figlio. Giuseppe aveva rinunciato volontariamente alla paternità, Zaccaria ed Elisabetta invece, hanno pregato, fatto digiuni e sacrifici per avere un figlio. Hanno chiesto un intervento miracoloso e il Signore è intervenuto e ha esaudito la loro preghiera.

Zaccaria ha vissuto l'annuncio dell'angelo in modo completamente diverso rispetto alla Madonna. Maria aveva familiarità con gli angeli, Zaccaria era atterrito dalle manifestazioni soprannaturali e quando ha visto l'angelo ha avuto realmente paura; questo era un atteggiamento comune agli ebrei di fronte al soprannaturale. Zaccaria stava compiendo un ufficio che i sacerdoti compivano una sola volta nella loro vita: quello di bruciare l'incenso prima del sacrificio cruento degli animali. Il Signore è intervenuto proprio durante questo rito che era il momento più solenne della vita sacerdotale. Gabriele ha esortato Zaccaria a non temere perché la sua preghiera era stata esaudita e sarebbe diventato padre. Purtroppo costui non ci ha creduto e per questo diventa "muto". Quando è uscito dal luogo sacro, le persone presenti hanno compreso che aveva vissuto un'esperienza grandissima. Il Vangelo non va oltre, ma noi sappiamo dalla rivelazione privata che Zaccaria, emozionato, confuso, turbato, è andato a casa dalla moglie che già aveva saputo la notizia, anche se in modo confuso. Elisabetta quando ha visto il marito ha voluto sapere dettagliatamente l'accaduto e Zaccaria prima con dei gesti e poi per iscritto ha raccontato alla moglie la sua straordinaria esperienza. Elisabetta ha creduto immediatamente all'intervento di Dio e ha ricevuto aiuti soprannaturali più forti ed efficaci. Elisabetta, orante e umile, ha vissuto nel totale nascondimento, perché questa maternità ha fatto scalpore. Elisabetta non ha potuto condividere con gli altri la gioia della maternità, perché aveva paura di vedere sul loro volto il sorriso ironico e quindi è costretta "a tenersi nascosta durante cinque mesi" (Lc 1,24).

Giovanni sarà grande, non ci sarà nato da donna più grande di lui, ma la mamma è altrettanto grande, perché ha anticipato in sé la sofferenza del figlio. Giovanni si scontrerà con una forte opposizione, verrà perseguitato dai dottori della legge, dai sacerdoti, dal re Erode che ordinerà di tagliargli la testa. Elisabetta ha incontrato diffidenza e ironia da parte degli amici e dei parenti, ma il Signore le stava preparando un altro dono: una giovinetta di 14 anni la raggiungerà presto per mettersi al suo servizio: Maria di Nazaret.

QUINTO GIORNO

Un lettore poco attento alla lettura del Vangelo potrebbe pensare che dopo l'annunciazione dell'angelo Gabriele a Maria, tutto sia tornato nella normalità, ma non è così, perché l'invisibile è diventato visibile.

L'angelo si è allontanato da Maria ed è tornato al Padre, proprio come fa la Madonna quando al termine delle apparizioni dice: "Ora torno al Padre". L'angelo nel momento dell'annunciazione e la Madre dell'Eucaristia nel momento dell'apparizione sono dei messaggeri di Dio ed è quindi giusto che, una volta espletato il loro compito, devono tornare a Colui che li ha inviati. L'angelo Gabriele è tornato a Dio, non per riferire ciò che è avvenuto, perché a Dio nulla è sconosciuto, ma semplicemente perché è giusto che coloro che ricevono un compito dal Signore, una volta eseguitolo, tornino da Lui per onorarlo ed adorarlo. Tutto parte da Dio e tutto ritorna a Dio. Nel momento stesso in cui l'angelo Gabriele è tornato a Dio, una miriade di angeli ha fatto il suo ingresso sulla Terra. Gli angeli in Paradiso vedono, godono, inneggiano e adorano Dio, e dal momento che Dio si era fatto presente, come uomo, nel grembo di Maria, hanno circondato questo tabernacolo umano e continuato a svolgere lo stesso compito di lode che svolgevano in Paradiso. Gli angeli hanno inneggiato e adorato il Dio Bimbo prostrati in adorazione davanti a Lui.

Possiamo fare un parallelo tra l'incarnazione e i miracoli eucaristici, dei quali siamo stati testimoni. Quando si è verificato un miracolo eucaristico, l'evento non si è esaurito ad esclusivo beneficio delle persone che vedevano e adoravano l'Eucaristia, ma ha elargito abbondanti grazie a tutta la Chiesa. Di conseguenza quando Gesù Eucaristia si è fatto presente in modo straordinario e miracoloso, ha arricchito spiritualmente tutti gli uomini, anche coloro che non ne erano a conoscenza.

Nessuno era a conoscenza dell'incarnazione, né i potenti né gli umili. Neanche il padre putativo, lo sposo di Maria, sapeva che il Figlio di Dio si era incarnato nel grembo purissimo di sua moglie, eppure tutta la creazione, che portava su di sé il peso del peccato, ha sentito che la liberazione stava per iniziare e il male stava per essere sconfitto. Di conseguenza l'incarnazione ha portato benefici ad ogni popolo, a tutti gli uomini, anche a quelli più distanti e che vivevano in Paesi ancora non conosciuti, come l'Australia e le Americhe. L'incarnazione è una potente azione di Dio e come tale ha sprigionato una quantità enorme, immensa di benefici spirituali.

La prima azione che ha fatto Maria dopo che il Figlio di Dio si è incarnato nel suo grembo, è stata adorare Dio che era presente in lei. Nella sua preghiera si sono raccolte tutte le preghiere dei giusti del Vecchio Testamento che hanno atteso il Messia; tutte le sofferenze dei profeti, degli inviati da Dio, che hanno subito incomprensioni e sofferenze da parte dei propri fratelli. Maria in quel momento era come un calice che accoglieva il Figlio di Dio e come una patena sulla quale si depositavano le preghiere di tutta l'umanità. Maria rappresentava tutti gli uomini, era l'essere umano più gradito a Dio e univa in sé Dio e le preghiere di tutti gli uomini. Maria quindi si è raccolta in profonda preghiera e dal suo cuore è uscito un grido di ringraziamento e di accettazione dei disegni di Dio.

Era giusto che Maria non dicesse nulla a Giuseppe? No, secondo la logica umana, sì, secondo la volontà di Dio. Anche Giuseppe doveva collaborare ai disegni di salvezza e dare il suo contributo alla redenzione, non perché Dio ne avesse bisogno, ma perché Giuseppe era un'anima eletta, era un giusto, era una creatura amata particolarmente da Dio, era uno che ha vissuto nell'unione, nell'abbandono più totale a Dio; per questo il Signore ha voluto che lo sposo di Maria e padre putativo di Gesù offrisse il suo contributo di sofferenza.

Quando questa coppia fortunata si univa nella preghiera dei salmi, nella lettura delle profezie messianiche, nel cuore della Madre di Dio si sprigionava un fuoco d'amore verso il Messia e Giuseppe vedeva Maria rapita in estasi, che aveva uno sguardo e un atteggiamento celestiale, ma non chiedeva mai nulla, non faceva domande.

Maria, come dice Luca, custodiva tutto nel suo cuore e riferiva al suo amato sposo solo ciò che Dio voleva. Il primo tabernacolo eucaristico ha vissuto per alcuni mesi nel più totale silenzio e ha conservato gelosamente questo grande segreto. Dio unisce, è fonte di amore, e i due sposi sono stati sempre più uniti; hanno formato veramente un solo cuore e una sola anima.

Anche noi possiamo unirci a Maria nell'attesa della nascita del Figlio. La Madonna ci invita a recitare questa giaculatoria: Gesù bambino, Dio d'amore, vieni a nascere nel mio cuore e ci ha detto: "Aspettate il Bimbo Gesù che viene ancora a voi, accoglietelo nel vostro cuore, cullatelo, fate in modo che senta il vostro amore per Lui, per tutta la Chiesa".

SESTO GIORNO

Raccontiamo ora la visita di Maria ad Elisabetta. La Madonna è incinta del Messia, per opera dello Spirito Santo, e la cugina Elisabetta è incinta del precursore del Messia per un miracoloso intervento del Signore "perché Elisabetta era sterile ed ambedue (i coniugi) erano avanzati in età". (Lc 1,7)

Il rapporto tra il Messia e il suo precursore è stato un rapporto intimo e particolare. Il precursore, nei disegni divini, doveva essere santificato nel grembo della madre, tramite un intervento di Dio. Anche un semplice atto della volontà di Dio poteva essere sufficiente per santificare Giovanni; ma nei piani divini era stabilito che fosse il Messia, con la sua presenza, a santificare il precursore. Maria, per ispirazione divina, ha compreso che doveva recarsi dalla anziana cugina per compiere la volontà di Dio. Poiché è stata sempre docile e obbediente alla divina volontà, ha manifestato ancora una volta la sua docilità a Dio. È sposata da pochi mesi, si è trasferita a Nazaret da poco tempo, ma è pronta ad affrontare un nuovo scomodo viaggio, pericoloso e incerto. Giuseppe non ha ostacolato il desiderio che la giovane sposa gli ha manifestato. Non conosceva ancora l'opera dello Spirito Santo nel grembo di Maria e pensava che la decisione di andare a Aim Kanim, distante 150 Km da Nazaret, fosse un atto dettato dall'amore, dallo spirito di servizio e dall'affetto particolare della sua sposa nei riguardi di una donna non più giovane. Giuseppe è stato felice di unirsi a quest'atto d'amore e ha deciso di partire con Maria. A causa di questo viaggio la Madonna ha subito critiche severe da parte di amici e parenti che hanno premuto su Giuseppe per impedirlo. In questa opposizione dobbiamo riconoscere anche una macchinazione diabolica. Il demonio è intelligente e riesce a comprendere meglio degli uomini i disegni di Dio e quindi fa di tutto per opporvisi. Ma la docilità, la dolcezza e la fermezza di Maria sono state veramente un baluardo contro cui sono andate ad infrangersi tutte le opposizioni mosse da parenti ed amici.

La giovane coppia è partita. Per fare un viaggio così lungo, a quei tempi, occorrevano circa sei o sette giorni. Durante questo lungo viaggio i giovani sposi hanno pregato moltissimo e cantato per farsi compagnia e tenersi desti. La voce bellissima della giovane donna si intrecciava con quella potente dello sposo e tutti e due lodavano Dio. Il loro era un canto meraviglioso che risuonava per le strade spesso deserte. Anche gli angeli si sono uniti ai due sposi e hanno cantato, dando ininterrottamente gloria a Dio Figlio, presente nel grembo di Maria

Questo viaggio è stato la prima processione eucaristica: Gesù non era esposto in un ostensorio, ma era presente nel grembo verginale della Madre dell'Eucaristia.

Giuseppe non sapeva che con loro c'era il Figlio di Dio, ma sentiva qualcosa nel suo cuore, una gioia indicibile, incomprensibile e dalla presenza reale divina riceveva forza, coraggio e sostegno.

Durante il cammino i coniugi hanno parlato sicuramente del Messia. Giuseppe era uno dei pochi ebrei che conservava inalterato il concetto spirituale di Messia e pregava ininterrottamente perché colui che doveva liberare il popolo dai peccati venisse quanto prima. Questa situazione ci fa conoscere un Giuseppe più simpatico, reale, vivo, spontaneo e contemporaneamente anche forte. È stato un viaggio pieno di disagi perché non c'erano alberghi o ristoranti. Hanno mangiato pane, probabilmente qualche dattero, hanno bevuto acqua, niente carne o pesce, perché non era possibile portare con sé questi rifornimenti. Nonostante ciò erano felici, perché stavano facendo la volontà di Dio.

Quando i due sposi hanno raggiunto Ain-Karim e sono entrati nella casa di Zaccaria, Elisabetta è andata loro incontro ed ha esclamato: "Benedetta sei tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,42-43). Questo Elisabetta non l'ha detto davanti a tutti, perché "il grande mistero" non può e non deve essere ancora manifestato. Oltre Maria, per il momento alla sola Elisabetta è dato conoscere che il Messia è incarnato nel suo grembo; Giuseppe ne è ancora all'oscuro.

Certamente in casa di Zaccaria c'erano anche altre persone con le quali, secondo l'usanza ebraica, Maria e Giuseppe si sono scambiati i saluti. La giovane coppia si è congratulata con gli anziani parenti, Elisabetta e Zaccaria, dell'imminente nascita del figlio. Poi con discrezione e riservatezza, Maria ed Elisabetta si sono isolate in un'altra stanza e si sono fatte reciprocamente delle confidenze.

SETTIMO GIORNO

Il colloquio tra le due donne è avvenuto in modo riservato, perché se qualcuno avesse sentito ciò che Elisabetta ha pronunciato certamente avrebbe compreso che nel grembo di Maria era presente il Messia. Nei disegni di Dio questo mistero doveva ancora essere celato e rivelato solo a colei che ha prescelto come madre del precursore del Messia. Certamente il discorso tra le due donne non si è esaurito con l'esclamazione di Elisabetta e la risposta di Maria che ha cantato l'inno all'amore: il Magnificat , perché esse hanno iniziato una conversazione che si è protratta per i tre mesi durante i quali Maria è rimasta a "servizio" dell'anziana cugina.

Giuseppe, per motivi di lavoro, ha dovuto lasciare la sua giovane sposa e tornare a Nazaret. Possiamo immaginare la sofferenza dell'uno e dell'altra, ma entrambi hanno accettato volentieri ciò che Dio ha chiesto. Maria e Giuseppe, nella manifestazione degli affetti, si sono comportati come una comune coppia. La sposa sull'uscio di casa ha seguito con lo sguardo la figura del marito, finché non è scomparsa. Il marito ogni tanto si è girato indietro e ha accennato un saluto. Con sofferenza nel cuore e versando, probabilmente, qualche lacrima, segno di un amore forte e sincero, Giuseppe è tornato a Nazaret. Prima di partire comunque ha chiesto a Zaccaria la benedizione, perché il sacerdote è un intermediario tra Dio e gli uomini e uno dei compiti del sacerdote è benedire. Giuseppe si è inchinato umilmente davanti al rappresentante di Dio che ha invocato la benedizione divina su questo giovane che ritornava al suo paese.

Maria ed Elisabetta hanno parlato tra di loro dei propri figli. Maria ha mostrato un amore particolare verso il bimbo ancora nel grembo di sua cugina e lo ha manifestato in tutti i modi servendo la madre e accarezzandole il grembo, gesto ricambiato da Elisabetta nei suoi riguardi. Hanno pregato moltissimo insieme per i propri figli e per la loro missione. Erano preghiere materne, affettuose; le due erano come due lampade che ardevano davanti a Dio.

Maria ha compiuto il suo servizio con umiltà, non ha preteso un ruolo importante, non ha rivendicato una posizione privilegiata perché Madre di Dio, ma ha riservato a sé stessa il compito di serva di Dio e della cugina Elisabetta. Poiché si è definita serva di Dio si è sentita anche serva del prossimo.

Alla nascita di Giovanni Battista, la casa di Zaccaria che è sempre rimasta avvolta nel silenzio, nella discrezione, nel riserbo si è riempita di confusione, perché parenti, amici e conoscenti hanno sgomitato per occupare "i primi posti". Maria si è defilata, ma sapeva benissimo che questo bimbo doveva essere chiamato Giovanni, mentre i parenti "volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria" (Lc 1,59).

Maria non è intervenuta nelle dispute e nelle discussioni, ha vissuto il suo ruolo nell'umiltà e questo ci deve essere di profondo insegnamento. Lei è stata presente alla nascita di Giovanni Battista. Giovanni Battista è stato santificato, in lui la colpa del peccato è stata cancellata dalla presenza e dall'azione divina del Figlio di Dio, presente nel grembo di Maria. Questo bimbo è nato già redento, in quanto a lui sono stati applicati in anticipo i meriti della redenzione. Elisabetta, come madre, per prima ha abbracciato e baciato Giovanni, in questo Maria ha evidenziato una volta in più la sua umiltà; non ha preteso precedenze e solo dopo Elisabetta ha dimostrato il suo affetto verso questo bambino.

Maria, ultimato il suo servizio, ha atteso il ritorno di Giuseppe. Prima di partire per Nazaret, ha chiesto anche lei la benedizione al sacerdote Zaccaria. In Maria era notevole la sofferenza del distacco da questo bimbo che ha amato in modo particolare. La Madonna ha stretto per l'ultima volta al cuore il precursore del Figlio, l'ha baciato, accarezzato e, come farà con il suo Gesù, l'ha innalzato verso Dio Padre.

OTTAVO GIORNO

La giovane coppia, tornata da Ain-Karim, ha ripreso la sua vita ordinaria a Nazaret.

Giuseppe condivideva con la sua amata sposa la giornata. Insieme pregavano, recitavano salmi ed inni, leggevano la Parola di Dio. Passavano i mesi e Giuseppe si rendeva conto che la sua amata sposa cominciava a dare i segni di una maternità incipiente. Egli è stato lacerato tra l'amore alla sua sposa e il rispetto alla legge. Giuseppe ha ricevuto dei doni da Dio per cui può capire dove c'è il bene e il male. Era consapevole che Maria era un tesoro di grazie ed era sicuro che non aveva commesso un peccato di adulterio, ma non riusciva a darsi una spiegazione. Ha constatato un evento per lui inspiegabile, ma non ha voluto accusare sua moglie di adulterio; però esisteva una legge che andava rispettata. Era sicuro di non essere il padre del nascituro, ma era certo di avere una moglie santa; per questo ha cercato di metterla al riparo da giudizi negativi e pesanti e ha deciso di scriverle il libello del ripudio; non per lavarsi le mani, ma per un grande atto di rispetto verso Maria.

Giuseppe di fronte a questo fatto non ha aggredito la sposa, non ha posto domande, non ha chiesto spiegazioni, ma ha pregato e sofferto. La sua anima era lacerata, i suoi occhi vedevano qualcosa di inspiegabile, ma il suo cuore gli imponeva di continuare a rispettare la sua amata sposa. Tutto questo facava star male Giuseppe. Questa atroce sofferenza è stata voluta da Dio, perché san Giuseppe potesse dare un contributo all'opera di salvezza. È stato un modo bellissimo, grandissimo con cui il Figlio di Dio, figlio naturale di Maria, ha chiesto al suo padre legale di collaborare, di dare il suo contributo, anche se non cosciente, all'opera della salvezza. Giuseppe sapeva benissimo che doveva venire il Messia, ma non sapeva che la sua sposa era la madre del Messia né che egli sarebbe diventato il padre legale del Messia. Ecco perché, a parer mio, non si dovrebbe parlare tanto di dubbio di san Giuseppe, ma della sofferenza e della lacerazione di questo grande santo che è stata compresa da Maria che si è resa conto che il suo amato sposo stava soffrendo moltissimo. Queste due creature che si amavano profondamente, hanno continuato a pregare insieme, si guardavano negli occhi e soffrivano.

Giuseppe, ha avuto da Dio dei doni particolari. Anch'egli ha avuto comunicazione con Dio attraverso quelle esperienze che gli evangelisti hanno chiamato sogni, ma che in realtà erano visioni interiori, attraverso le quali Dio comunicava la Sua volontà a colui che aveva scelto come sposo della Madre del Suo divin Figlio. Gli è apparso in sogno un angelo del Signore e gli ha detto: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21). L'angelo ha ripetuto a Giuseppe ciò che aveva detto a Zaccaria e a Maria: "Non temere". Giuseppe ha saputo che il Signore gli aveva dato in moglie una donna eccezionale che era diventata Madre di Dio e non si è sentito degno e capace del compito affidato. Ha pensato di non farcela e si è domandato: "Chi sono io, perché l'occhio di Dio si è posato sulla mia persona?". Ma quando il Signore chiama, dà gli aiuti necessari alle persone chiamate per svolgere la missione affidata. Anche a noi il Signore ha rivolto molte volte l'esortazione "Non temere, piccolo gregge, perché io ho vinto il mondo, non temere piccolo gregge, perché io ho sconfitto il male, perché io ho donato i sacramenti, la mia grazia, soprattutto ho donato l'Eucaristia, non temere, piccolo gregge, perché ci sarà il trionfo dell'Eucaristia, della verità e il tuo trionfo".

Rispondiamo come Giuseppe e abbandonandoci a Dio; questa è l'unica risposta.

Dio si serve, questo è il suo stile, delle persone umili per confondere i superbi. Gesù ha amato il nascondimento, è nato ed è risorto nel silenzio. Quando ci sentiamo abbattuti, schiacciati, stanchi e sentiamo di non farcela, eleviamo gli occhi al Cielo e gridiamo il Padre Nostro. Questa preghiera ci darà quella pace che desideriamo, quella tranquillità che invochiamo e quella serenità che deve spingerci a lavorare con più impegno e più coraggio.

NONO GIORNO

I due sposi che non hanno mai perso la fiducia nel Signore né peccato contro la virtù dell'abbandono, hanno ritrovato una completa e serena armonia. Trascorrevano giorni molto belli, che vedevano una donna felice che stava per dare alla luce un figlio e un uomo che mostrava quotidianamente gioia, perché a lui il Signore ha riservato il grande compito di essere il padre putativo del Messia. I due giovani sposi pregavano molto e parlavano in continuazione del Messia, anche se Giuseppe non conosceva esattamente quando sarebbe nato Gesù. Non era curioso, né voleva fare domande indiscrete, gli era sufficiente sapere che Maria sarebbe diventata la madre del Messia. Solo lei conosceva il momento della nascita del Figlio di Dio.

Nei due sposi la gioia aumentava ogni giorno che passava, perché erano sempre uniti al Signore. La stessa gioia dovrebbe essere presente in noi ogni giorno quando ci accostiamo all'Eucaristia o quando ci avviciniamo al tabernacolo per manifestare la nostra fede nella presenza reale di Gesù.

Questo giovane uomo mentre lavorava distante dalla moglie e dal Figlio di Dio che era nel suo grembo, ha avuto sempre il pensiero fisso verso di loro e ogni volta che usciva di casa e ogni volta che vi rientrava, si prostrava in adorazione davanti a Maria perché sapeva che nel suo grembo c'era Dio. Ha custodito gelosamente questo segreto, perché non era ancora il momento della manifestazione pubblica.

Maria sapeva che il Dio bimbo doveva nascere a Betlemme. Giuseppe invece, pensava che il bimbo sarebbe nato a Nazaret e ha preparato la culla al piccolo Gesù, che purtroppo non verrà utilizzata.

Infatti, com'è stato profetizzato da Michea, il Dio bimbo doveva nascere a Betlemme. Questa profezia si è realizzata grazie all'editto dell'imperatore Augusto. Costui era un imperatore orgoglioso e un ottimo amministratore e voleva sapere quanti erano i sudditi. L'editto ha coinvolto anche il regno d'Israele, il cui re non godeva di autonomia completa, perché era come un vassallo nei riguardi dell'imperatore. Tutti dovevano quindi andare ad iscriversi nel paese d'origine, come prescriveva l'editto imperiale.

Maria e Giuseppe erano di discendenza davidica e dovevano recarsi a Betlemme, culla della casa di Davide. L'obbligo riguardava solo il capo famiglia, non la sposa, e Giuseppe si sentiva nuovamente lacerato tra la sofferenza del distacco dalla moglie e il rischio di farle affrontare un faticoso viaggio, tanto più che Maria era vicina al parto. Dio è intervenuto di nuovo ed ha ispirato Giuseppe di portare con sé la sposa. Maria era felice di accompagnare Giuseppe, perché vedeva che i disegni di Dio si stavano realizzando.

Invece i parenti hanno manifestato di nuovo una forte opposizioni contro Giuseppe. L'hanno accusato di essere un marito insensibile e irresponsabile. I due coniugi, come era nel loro stile, hanno tacciuto, pregato e sono partiti. Questa volta il viaggio era diverso da quello che avevano fatto quando erano andati da Zaccaria ed Elisabetta. I due sposi sapevano chi era con loro, hanno gioito, cantato, pregato e contemplato il mistero dell'incarnazione. Infatti hanno conversato, dialogato e si sono abbandonati ai disegni del Padre. Maria ha dialogato anche con suo Figlio e Giuseppe non ha partecipato a questi dialoghi tra madre e figlio

Il viaggio è durato cinque o sei giorni. È stato molto differente dai pellegrinaggi che dovrebbero essere momenti di preghiera e invece si trasformano spesso in occasione di divertimento e d'evasione. Il periodo in cui è avvenuto il viaggio non è stato quello invernale, come molti pensano, ma quello primaverile, periodo più favorevole per far spostare milioni di persone.

I due sposi sono arrivati a Betlemme. Bisogna sfatare un'altra legenda che vede Maria e Giuseppe bussare e chiedere ospitalità in diverse case. Le case ebraiche erano formate ordinariamente da un'unica stanza che di giorno era sala da pranzo e cucina, e di notte si trasformava in stanza da letto. Nella stessa stanza quindi c'era una promiscuità che vedeva uomini e donne dormire insieme sdraiati su delle semplici stuoie. Giuseppe, così delicato e premuroso, non poteva scegliere questa soluzione che impediva la riservatezza. Il vangelo non dice niente a riguardo di questo, ma solo che "non c'era luogo e spazio per loro nel caravanserraglio" (cfr.Lc 2,7), che non era un albergo a cinque stelle, ma un recinto con un portico che si estendeva per quattro lati e nel cui centro si ammassavano gli animali; sotto il portico dormivano le persone nella più totale promiscuità.

Betlemme non aveva montagne, come molti pensano, ma semplici altipiani dove c'erano delle grotte che venivano usate per accogliere pastori e animali. Trovata una grotta libera, ma sporca, il giovane sposo l'ha ripulita e resa il luogo più degno possibile per accogliere la Madre di Dio. I due sposi si sono messi in profonda preghiera e Giuseppe, sempre ispirato da Dio, ha capito che doveva distaccarsi momentaneamente dalla moglie e mettersi da una parte. Questo era uno di quei momenti che lui conosceva bene e nei quali si faceva sempre da parte, perché sapeva che Maria colloquiava con Dio. Questo momento particolare di forte e intima unione con Dio ha introdotto l'evento più atteso della storia. Per nove mesi Maria ha portato nel suo grembo il Dio Bimbo che, al momento della nascita, è entrato nel mondo e diviso la storia in due parti: Vecchio e Nuovo Testamento. Maria descrive così la nascita del Figlio: "Come un raggio di luce passa attraverso un cristallo purissimo senza infrangerlo, così mio Figlio è passato attraverso il mio grembo verginale".

CONCLUSIONE

Il brano di Isaia (Is 9,1-3.5-6) ha un chiaro significato messianico. Isaia fa riferimento alla realtà storica che vede il popolo ebraico, o meglio la tribù di Giuda, oppressa dal pericolo d'invasione di un popolo nemico. I nemici sono potenti e il piccolo regno di Giuda non può fronteggiare questo pericolo; si sente già oppresso e vinto e Dio manda il profeta Isaia a rincuorare questo popolo.

Si deve partire da questo evento storico per arrivare all'evento che ha diviso tutta la storia in due parti: Vecchio e Nuovo Testamento. Come il popolo ebreo si trova immerso nella preoccupazione e nell'angoscia e scampa il pericolo imminente del nemico, così l'uomo si trova immerso nel peccato che è sconfitto dalla Seconda Persona della Santissima Trinità. Dice san Paolo nella lettera ai Filippesi: "...Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini..." (Fil 2, 6-7). Infatti Gesù ha volontariamente rinunciato ai suoi attributi divini ed è apparso simile a gli uomini, fuorché nel peccato.

Così il Dio bimbo nasce per noi. È un piccolo essere umano, una creatura apparentemente debole sulle cui spalle, però come dice Isaia, è il segno della sovranità. Egli è il consigliere ammirabile, il Dio potente, il Padre per sempre, il principe della pace. Tutti questi attributi appartengono alla natura divina di Colui che attraverso la sua sofferenza e la sua morte rende tutti figli di Dio.

Evidenziamo ora la grande generosità di Maria. Solo in un primo momento riserva le proprie attenzioni per il figlio appena nato e lo accoglie con un tenero abbraccio. In un secondo momento offre Gesù ai semplici pastori e quest'offerta continua nel tempo e si rinnova ogni volta che viene celebrata la santa Messa. È Maria che offre il corpo e il sangue del Figlio per alimentare l'anima e fermentare l'interno delle persone. Questo pane e vino eucaristici sono la carne e il sangue di Maria.

Maria è la radice dell'Eucaristia, non ci può essere la nascita di Cristo senza la presenza di Maria, non può esserci l'Eucaristia senza la Madre dell'Eucaristia.

Maria infatti forma un binomio inscindibile con suo Figlio, non si può amare Maria escludendo Gesù né amare Gesù prescindendo da Maria. Come l'Eucarestia trasformata a forma di conchiglia ha versato sangue che ha custodito e protetto, come perla preziosa, così Maria, con il suo sì ha donato il suo grembo per custodire e proteggere il Dio Bimbo, accettando totalmente la volontà di Dio Padre.